domenica 17 settembre 2017

La scala dello psicoaviatore

In quanto ansiosa sociale, ci sono all'incirca due miliardi di situazioni che possono mandarmi in corto circuito i neuroni. Diciamo che, al confronto, le pagine gialle sono un libretto di Peppa Pig pensato per ipovedenti. E naturalmente, essendo così tante le possibilità di morte da panico (della serie, "ti piace vincere facile?"), incappo in una di queste almeno una volta al giorno. Dato che non bastano le dita delle mani e dei piedi di tutta la Lombardia per poterle contare, ormai divido le singole situazioni ansiogene in categorie di grandezza, secondo una mia personalissima scala che sfrutta come unità di misura i velivoli e che io chiamo "la scala dello psicoaviatore". Più è grande il velivolo, più drammatica sarà la situazione che io, piccola psicoaviatrice, dovrò affrontare e maggiore sarà il numero di neuroni che manderò in fumo a causa dello stress. Perché, naturalmente, grandezza del velivolo e decesso neuronale sono in una relazione direttamente proporzionale l'una all'altra. Per capire meglio la mia classificazione, dovete tenere conto del fatto che la gravità della situazione, nel mio cervello in costante stress, è definito soprattutto da tre aspetti:
1. il livello di esposizione, ovvero quanto mi trovo al centro dell'attenzione. Per farvi un esempio, una cena molto affollata implicherà un livello di esposizione bassa, dato che potrò sfruttare i miei superpoteri da Wallflower mimetizzandomi con le pareti, mentre un dibattito in gruppo esigerà un maggior livello di esposizione, dato che mi verrà richiesta un'opinione. Come potete capire, molto dipende da quanto sarò in grado di sottrarmi all'occhio dell'altro, che è la mia Kriptonite.
2. la Prestazionalità, cioè quanto dovrò dimostrare la mia validità come persona, professionista, pensatore, giocatore, studente o organismo che cammina su questa terra. Insomma, quanto dovrò dimostrare di essere più di un ammasso di organi e pelle ambulante. Ne consegue che praticamente tutti gli ambiti di valutazione sono critici per natura e finirò a stressarmi allo stesso modo tanto per un esame all'università quanto per una partita a Taboo. Buona parte del problema, naturalmente, riguarda la mia anima precisetti, che pepa sempre la mia vita con una spruzzata di tormento come se mi trovassi in una versione accademica di un romanzo delle sorelle Bronte.
3. il livello di familiarità. Questa coordinata riguarda invece le persone coinvolte e contempla una dimensione quantitativa e qualitativa. La prima dimensione è piuttosto semplice da capire: la fifetta è direttamente proporzionale al numero di persone presenti nella stanza. Quindi, tanta gente = tanta paura. Fin qui, niente di nuovo. La seconda dimensione invece è più sottile, ma altrettanto semplice (sono ansiosa, mica originale): quanto meno conosco le persone che mi circondano, tanto più il mio livello di ansia crescerà. Quindi, in questo caso, la relazione è inversamente proporzionale. Inoltre, va considerato che la situazione peggiora nettamente se le persone presenti sono da me note ed etichettate come "disagianti", ovvero tutta quella marea umana di cui non mi fido, che spesso è giudicante, troppo diretta, leggermente aggressiva ed in linea di massima un po' imprevedibile. Le classiche spine nel fianco, insomma.
Detto ciò, possiamo tornare alle nostre categorie. Tenete conto che si tratta sempre di sezioni che mutano in relazione alle mie evoluzioni o involuzioni terapeutiche e che sono quindi estremamente personali. Per quanto ci siano delle situazioni che, universalmente, fanno sbiancare tutti gli ansiosi sociali, non sempre queste si trovano nella stessa posizione della classifica. Ciò dipende dalle caratteristiche individuali, dal livello di benessere raggiunto e dalla gravità del disturbo da cui si parte. Considerate quindi le situazioni contenute nelle mie categorie come strettamente vincolate alla mia persona in questo determinato momento storico.
La categoria più piccola è quella che chiamo "aeroplanino di carta". Comprende situazioni che gestisco con un basso livello di ansia e che quindi intaccano poco le mie risorse energetiche quotidiane di psicoaviatrice. In altre parole, sono tutte quelle situazioni che, conclusesi, non mi lasciano tramortita come Willy il Coyote dopo la caduta dell'incudine.  In questa categoria troviamo: comprare i biglietti dell'autobus, mettere una maglietta un po' meno mimetica, scegliere una nuova strada per tornare a casa, passare in mezzo ad un capannello di persone che intralciano la via, passare del tempo da sola, leggere ad alta voce in un contesto di gruppo, ordinare al ristorante, comprare una focaccia in panificio. 
La categoria intermedia è quella del drone. Riguarda tutte quelle situazioni che so di poter fronteggiare, ma che richiedono la ferrea forza di volontà di Nami e Mila durante gli allenamenti di pallavolo con l'allenatore Daimon e la dedizione, propria solo dell'istinto di sopravvivenza, di un orso bruno a pesca di salmoni. In questo secondo livello la vittoria non è mai assicurata e tra me e l'ansia si gioca una partita combattuta ad armi pari e senza esclusione di colpi. Tra le situazioni "drone" troviamo: entrare in un negozio affollato, scegliere il posto in prima fila in classe, sostenere un esame, andare dal medico, dover ritornare sui propri passi perché si è sbagliato strada, pagare in cassa, dare informazioni, mangiare in pubblico con persone che non conosco bene, mandare una mail a qualcuno verso cui non ho confidenza, fare una domanda, indossare il piumino invernale quando tutti stanno ancora portando la giacca d'autunno, chiacchierare del più e del meno con un estraneo e tutte le situazioni  in cui mi rendo vulnerabile davanti a persone che non siano la mia famiglia, come piangere o confidarmi. 
Infine c'è la categoria mongolfiera. Questa è sicuramente quella che mi da' più filo da torcere, zeppa di situazioni saldamente nelle mani del mio nemico ansiogeno ed in cui le mie doti aviatorie sono quasi nulle. Mi ritrovo a volare in terreni sconosciuti, pericolosi come la valle di Mordor in preda ad uno sfogo sulfureo ed il livello di stress è alle stelle. Molte di queste situazioni sono ancora inespugnate, altre sono faticosamente affrontate, ma solo perché mi ritrovo con una simbolica pistola puntata alla tempia. In questi casi mi ritrovo ad interpretare un gladiatore con i muscoli di Fantozzi ed il coraggio di un chihuahua sul divano che sta per essere schiacciato da un paio di natiche particolarmente corpose.
Tra le cose più terrificanti che non faccio ancora o che faccio solo dietro minaccia di esecuzione immediata di tutti i miei cari e della mia progenie futura, ci sono: fare o ricevere una telefonata da un numero sconosciuto, comunicare il mio evidente disaccordo con persone che non conosco bene, parlare in pubblico (ovviamente), andare in posti nuovi, vestirmi in modo appariscente, fare un colloquio, ordinare telefonicamente una pizza (ma non necessariamente solo una pizza), far valere i miei diritti con uno sconosciuto che mi scavalca nella fila al supermercato, confessare una cotta (non necessariamente al diretto interessato), andare a ballare, assistere ad uno spettacolo in cui è richiesta la partecipazione attiva del pubblico, cantare al karaoke, essere impulsiva, leggere ad alta voce i miei scritti a qualcuno, e tutta una serie di situazioni che comprendono il fare qualcosa da sola in contesti popolati: andare al bar, al cinema, al ristorante da sola, partecipare ad un corso da sola, viaggiare in posti nuovi da sola, fare palestra da sola....insomma, avete capito.
Conclusione, la mia vita da ansiosa sociale è scandita e strettamente regolata dai livelli di ansia che colmano il mio saturimetro quotidianamente. I vincoli sono tanti, le sfide innumerevoli, le energie sprecate inutilmente terrorizzandomi davanti ad un chiosco dei gelati come se fossi al cospetto di un T-rex con la laurea, incalcolabili, eppure posso dire di cavarmela discretamente. Conoscendo bene le mie paure e il livello di stress che mi causano, imparo ad organizzare le imprese in base alle mie risorse e a spingere l'acceleratore su tutte quelle situazioni che so di poter affrontare, anche se mi spaventano quanto It ha terrorizzato i pargoli della mia generazione. Non bado troppo, quindi, agli aeroplanini di carta che mi si fiondano addosso ogni giorno, ma concentro tutte le mie energie per abbattere i droni che mi si parano davanti come Kylo Ren durante uno dei suoi accessi di rabbia. L'obiettivo è spostare sempre più in alto il limite massimo delle mie risorse di psicoaviatrice e utilizzare la mia spada laser per fare a pezzi più droni possibili, così come fece Luke durante il suo primo addestramento nel Millennium Falcon. Addestrare la Forza, per combattere il mio Darth Vader personale. Un drone alla volta. Fino a poter prendere tra le mani anche l'ultima mongolfiera. 
Duille


2 commenti:

  1. Ciao Duille, ho trovato il post estremamente interessate, perchè a mio modo mi ci sono molto ritrovata! Che dire, anch'io sono una persona ansiosa, anche se forse lo manifesto in situazioni diverse dalle tue. Ad esempio, anch'io detesto attirare l'attenzione. Lo noto quando giro in strada e mantengo un passo rapido e gli occhi bassi; allo stesso tempo, non ho paura di esprimere un'opinione durante una lezione universitaria (anche se prima ripasso fra me e me il mio discorso e rischio l'infartoxD). Un tempo ero più chiusa ma ho lavorato duramente sui miei limiti. Certo, ammetto che cerco di evitare il più possibile situazioni che mi mettono in agitazione. Come guidare in posti che non conosco. Questa la vivo come una grandissima limitazione, perchè mi impedisce di fare molte cose e comunque di dipendere ancora da qualcun'altro. Ma la macchina mi mette ansia, non posso farci niente.
    Così come interagire con gente della mia età che non conosco. Lì più che altro emergono tutte le mie insicurezze e fragilità: mi ammutolisco, non trovo nulla di interessante da dire. In definitiva, mi sento terribilmente noiosa.
    Ora, è ovvio che ognuno vive in maniera differente determinate situazioni e anche "ansiosa", talvolta, diventa quasi un vanto. Credo di essere una persona discretamente ansiosa ma non in maniera "insana". Ho molta tensione perchè, credo, è come se dovessi sempre dimostrare qualcosa e questo mi porta a chiudermi. Il processo si ripete ciclicamente, in un circolo vizioso dal quale mi è difficile uscire. E poi c'è il lato dell'insicurezza. Varie batoste negli anni passati mi hanno portata a svalutarmi molto e questo, credo, è ciò che mi porta a desiderare di essere il più anonima possibile, per poi angosciarmi per quel senso di invisibilità che inevitabilmente vi si accompagna.
    Credo comunque che l'ansia sia quasi un handicap. Se ci penso, mi impedisce di viaggiare o vivere con spensieratezza e mi porta a chiudermi. Me come te, purtroppo. L'unica cosa che riesco a fare è cercare di lavorare su me stessa il più possibile, per capire la causa di certi miei comportamenti e, magari, correggerla.

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    1. Carissima Virginia, ti capisco perfettamente! Purtroppo sono cose molto difficili da affrontare, particolarmente faticose e spesso fonte di grandi sofferenze, anche per gli animi più ottimisti. Io vivo molte situazioni simili alle tue e come te lavoro costantemente per non essere schiacciata da insicurezze, paura e senso di inadeguatezza. Anche io ho avuto la mia fetta di batoste che mi hanno condizionata parecchio e che sto ancora cercando di superare. Non è facile, ma credo che il tuo spirito combattivo sia l'arma migliore per vincere una sfida difficile ma non impossibile, anche se a volte lo sembra. Grazie per le tue belle parole, per aver condiviso questa fetta della tua vita con me. Vedrai che un giorno, entrambe riusciremo a fare un viaggio senza sudare freddo! ;) Un bacione

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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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