domenica 11 febbraio 2018

Disturbo pre-traumatico da stress

Avere l'ansia sociale significa temere cose che, a conti fatto, sono pericolose quanto una tigre di peluche in scala ridotta e neanche troppo realistica. Ogni contesto sociale è per noi spaventoso come giocare ad una roulette russa per cui siamo consapevoli di non essere né bravi a bluffare, né particolarmente fortunati.
Abbiamo inoltre il "favoloso" dono di fare di tutta l'erba un fascio ed interpretare la realtà sulla base di poche macro categorie dalle proporzioni planetarie, che, solitamente, si riducono all'unica discriminante che conta davvero: la presenza di altre persone. Già questo basta, di solito, ad alzare l'asticella della pericolosità a livelli tali da giustificare una evacuazione di massa e la preallerta della Casa Bianca. Se poi aggiungiamo i fattori di gravità accessori, ovvero quantità di persone, estraneità delle stesse e prestazionalità della situazione, l'indice di mortalità schizza alle stelle e, con lui, anche il nostro stress. Poco importa se tutti quegli estranei con cui dobbiamo interagire sono dei bonzi tibetani che hanno raggiunto la pace interiore o se la situazione è quella di una cena informale che include anche gli amici dei tuoi amici. L'indice parla chiaro: se si deve interagire con molte persone sconosciute nello stesso posto, sicuramente ci sarà un bagno di sangue, voleranno teste e si dovrà lottare per salvare la pelle.
Un po' come fare conversazione con la Regina di Cuori di Alice. In sostanza, quindi, siamo come delle lepri davanti alla ruota di una macchina che si angosciano alla stessa esatta maniera sia che quella ruota li stia per schiacciare sia che sia un semplice copertone all'angolo della strada. Sono arrivata a credere che noi siamo degli specie di veggenti con un potere premonitore un po' difettoso, come quei giocattoli comprati nei negozi cinesi che imitano quelli originali, non riuscendoci mai: "La bambola di Sailor Asteroid", "la maglietta dei Ponemon", "Armando, il robot che gira su se stesso" e, nel nostro caso "Cassandrax, il potere della preveggenza che funziona solo nel 50% dei casi". Ma forse, immaginarci come delle novelle veggenti screditate dal mondo e da se stessi non è la terminologia più esatta. In fondo, noi non anticipiamo le disgrazie collettive, ma solo le nostre e il fatto stesso che non azzecchiamo mai nemmeno l'ombra di un numero al lotto, dovrebbe far capire che, probabilmente, non abbiamo neanche un goccio di questa preveggenza con cui ci piacerebbe consolarci. Ripensandoci, direi che il nostro sia più una versione anticipatoria del Disturbo post traumatico da stress, quindi un disturbo PRE-traumatico da stress. In fondo, le caratteristiche le abbiamo tutte, solo che si sviluppano PRIMA che l'evento che consideriamo catastrofico si palesi. Se prendete in mano i sintomi del disturbo, in effetti, noi sembriamo rientrarci abbastanza agevolmente:

1) L'iperattivazione. Quando un evento potenzialmente spaventoso si palesa anche solo nella forma di spettro del Natale futuro, comincia un periodo di rimuginio, agitazione e nervosismo, il nostro canale intestinale si improvvisa treccia a quattro capi, dormiamo poco e male, le nostre occhiaie sembrano portare il peso delle lacrime che non abbiamo ancora avuto il coraggio di versare, diventiamo irritabili al punto che qualsiasi frase detta con l'inflessione sbagliata può far esplodere un conflitto nucleare e raminghiamo per la casa come anime in pena, quasi sperando che qualcuno ci sbarri la strada giusto per scaricare un po' di quell'oceano di ANSIA in cui stiamo annegando. Vivere con un ansioso sociale quando è nel mezzo della crisi è un bel grattacapo.

2) Flashbacks: nel nostro caso è più giusto definirli Flashforwards, ovvero immagini intrusive che ci mostrano scenari apocalittici di ciò che accadrà quando dovremo affrontare l'evento che ci tormenta. In questo il Rimugiserpe è un novello Dante, capace di dipingerci situazioni al limite del paradossale, ipotizzando cadute di stile così plateali da farci ventilare l'idea di sviluppare un delirio nel quale ci convinciamo di essere non il Messia, ma delle vongole di mare, così da poter giustificare la sparizione in un guscio fatto di coperte e cuscini. Queste premonizioni ci tormentano in ogni momento, come delle zanzare che ronzano insistentemente intorno all'orecchio. Non c'è pace e, soprattutto, non c'è scampo. 
3) Evitamento: questa è fin troppo facile. Gli ansiosi sociali sono dei maestri dell'evitamento. In generale, cerchiamo di costruire la nostra vita in modo da evitare qualsiasi situazione che possa anche solo far affiorare l'idea  di un attacco d'ansia, il che significa costruire routine a prova di bomba,  impegnare gli organi di senso "social", ovvero udito e vista, in attività solitarie di ascolto musicale o di lettura, così da rendersi il più possibile indisponibili a qualsivoglia spunto di conversazione, assumere una rigidità muscolare da ciocco di legno che disincentivi a qualsiasi dialogo e ridurre all'osso l'iniziativa personale. Quando poi ci si ritrova per cause di forza maggiore intrappolati in un Catastrevento, si inizia un nuovo processo di lavorio, nel quale, come quei prigionieri che si rosicchiano un braccio fino a staccarselo per liberarsi dalle catene, immaginiamo ogni possibile scenario di fuga che ci permetta di squagliarcela in modo vagamente dignitoso.

4) Incubi: oltre all'insonnia, che affligge molti ansiosi sociali lasciandoli nottate intere con gli occhi crepati e in balia dei propri tormenti interiori, ci sono anche quelli che, come me, hanno la capacità di veglia di un cucciolo di gatto e quindi non riescono a soffrire davvero di insonnia. Ma non temete, la nostra fortuna finisce qui. Infatti, da bravi carnefici di noi stessi, troviamo modi altrettanto coloriti di tormentarci, per esempio attraverso incubi più o meno espliciti che riguardano il Catastrevento. Il livello di simbolismo può variare in base alla fantasia del nostro inconscio ma, in generale, ciò che accomuna tutti gli incubi è l'angoscia crescente che domina tutta la nottata, paragonabile alla colonna sonora dello Squalo o al coperchio di metallo di una pentola che, cadendo sul pavimento in piena notte, inizia a roteare sempre più rumorosamente fino a fermarsi. Quando il suono termina, gli occhi si aprono e il procione provvede subito a salutare il nostro risveglio con un pugno di consapevolezza nello stomaco. Così, per una virile convivialità. 

5) Alterazioni emotive legate all'evento traumatico: solitamente il Catastrevento è vissuto da noi in modo un tantinello esagerato, lo confesso. Sostanzialmente, in questi momenti, empatizziamo con le mucche che vanno al macello, con i prigionieri nel braccio della morte e con Maria Antonietta davanti alla ghigliottina, anche se il nostro reale rischio di morte è più paragonabile a quello causato dalla telefonata di un amico subito dopo aver visto il video di The Ring che ad un reale involo nell'Alto dei Cieli. Nonostante ciò, e nonostante noi siamo razionalmente consapevoli della "leggera" amplificazione delle nostre preoccupazioni in merito al Catastrevento, viviamo con la sensazione che, durante un momento di distrazione, ci abbiano installato una bomba artigianale sul petto, con un bel display a numeri rossi che conta i secondi che ci separano dal più grande spettacolo, nonché l'ultimo per noi, dopo il Bing Bang, come direbbe Jovanotti. La cosa più curiosa è che in nessun momento di questo ammollo nelle preoccupazioni ci passa per la mente che l'evento non sia poi così catastrofico come sembra, che non siamo dei cuccioli di foca sotto le mani di un bracconiere e che forse, ma dico forse, la bomba non sia altro che un giocattolo di buona fattura. Per noi, il Catastrevento sarà sicuramente la consacrazione della nostra morte sociale, la Walk of Shame suprema, l'incontro con i bulli di tutti i film per adolescenti in cui siamo mai incappati nella vita, lo snudamento definitivo delle nostre inettitudini, il ditino ridicolizzante che sentenzierà il nostro essere noiosi, banali, stupidi e pure vestiti male. Non esiste alcun eroe pronto a salvarci, nessuno sguardo simpatizzante, se non quello della pietà nei confronti della nostra lumacaggine, nessun buon incontro possibile. Solo una marea umana di giudizio negativo causato da sguardi capaci di cogliere ciò che noi già vediamo nello specchio. E questo è quanto.

Alla luce di queste considerazioni, quindi, potremmo legittimamente affermare che soffriamo di Disturbo Pre-traumatico da Stress, che, sebbene non cambi molto nella sostanza, se non altro ha un nome più altisonante e nobile di Ansia sociale e potremmo quasi inserirlo nelle conversazioni senza voler successivamente nascondere la testa sotto terra come gli struzzi. E se qualcuno ci chiedesse spiegazioni in merito, potremmo addirittura citare, tra gli Illustri affetti da questa patologia, la famosa Cassandra, che predisse, senza essere creduta, la distruzione di Troia nel celebre poema omerico. E a quel punto, inforcati gli occhiali da sole, potremmo lasciare la sala come i più orgogliosi degli sfigati. Se proprio dobbiamo soffrire, almeno facciamolo con stile.
Duille

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Eccomi! Sono una scrittrice in erba, divoratrice di libri, sognatrice professionista e ansiosa sociale multicorazzata. Ho la fissa dei ricordi, la testa fin troppo tra le nuvole, interessi disordinati, un amore impossibile per gli alberi e una passione al limite del ridicolo per le serie tv. Ah, e le presentazioni non sono proprio il mio forte. Si vede?

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